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La pensione minima

Pensione minima
20 Luglio 2023
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Tempo di lettura 4 minuti

La pensione minima è stato sempre un argomento di grande interesse per i pensionati italiani, oltre ad essere un valido strumento politico che viene sempre utilizzato come cavallo di battaglia durante le varie campagne elettorali.

L’errore più comune commesso nell’interpretazione di questa prestazione è il pensare che la pensione minima sia una vera e propria prestazione, quando invece fa riferimento ad un importo minimo dell’assegno pensionistico stabilito annualmente sulla base degli indici ISTAT.

Tutte quelle pensioni alle quali spetta di diritto il calcolo dell’assegno con il sistema retributivo o misto che, al calcolo, risultano essere inferiori ad un determinato importo stabilito annualmente, hanno diritto all’integrazione al trattamento minimo e quindi alla pensione minima.

Allo stesso tempo, coloro i quali non possiedono contribuzione utile per andare in pensione ma riversano in condizioni economiche sfavorevoli, hanno diritto a percepire l‘assegno sociale il quale potrebbe essere considerato anche come pensione minima.

All’interno di questo articolo cercheremo di capire chi ha diritto alla pensione minima, in cosa consiste questa prestazione, come viene calcolata e qual è l’importo della pensione minima nel 2023.

Che cos’è la pensione minima?

La pensione minima consiste sostanzialmente in un importo stabilito annualmente dalla legge che cambia a seconda di quelli che sono i parametri ISTAT.

Come accennato nell’introduzione, la pensione minima non è una prestazione pensionistica, bensì una prestazione “accessoria” che viene garantita dallo Stato a tutte quelle pensioni che non raggiungono il minimo importo stabilito dalla legge.

Per prima cosa, occorre fare una distinzione tra:

  • Pensione minima contributiva
  • Pensione minima assegno sociale

Per quanto riguarda la pensione minima contributiva, facciamo riferimento a tutte quelle prestazioni di pensionati che al momento della data di pensionamento erano in possesso dei contributi minimi per richiedere la pensione di vecchiaia o l’assegno ordinario di invalidità, con l’unica eccezione che una volta effettuato il calcolo, la pensione è risultata essere inferiore rispetto ai limiti minimi stabiliti dalla legge.

Cerchiamo di esporre il concetto con un semplice esempio.

Mario, che al momento del pensionamento era in possesso di 20 anni di contribuzione, si ritrova una pensione che successivamente al calcolo effettuato dall’INPS risulta essere di 290 euro.

Per effetto dell’integrazione al trattamento minimo, l’INPS dovrà integrare per legge l’importo di 290 € fino al raggiungimento della pensione minima, che nel 2023 è pari a 563,74 euro.

Tuttavia, affinché Mario possa aver diritto a tale integrazione, non dovrà superare determinati limiti reddituali stabili annualmente dalla legge.

Diverso è la situazione per quanto riguarda l’assegno sociale.

L’assegno sociale è già una pensione minima, che spetta a tutti quei soggetti che non hanno contributi a sufficienza per ottenere una pensione previdenziale da parte dell’INPS.

Ciò che accomuna l’assegno sociale e le pensioni minime contributive, è sostanzialmente l’importo in quanto entrambe le prestazioni hanno un importo di 563,74 euro.

Che cos’è l’integrazione al trattamento minimo

L’integrazione al trattamento minimo è stata introdotta per la prima volta in Italia dalla legge 638/1983 e consiste sostanzialmente in una prestazione che va a tutelare tutti quei pensionati le cui pensioni non raggiungono un importo minimo stabilito annualmente.

L’integrazione al trattamento minimo spetta a tutte quelle pensioni minime che vengono calcolate con il metodo retributivo o misto, non spetta invece a tutte le pensioni calcolate con il sistema contributivo puro.

Infatti, la legge 335/1995 ha abolito l’integrazione al trattamento minimo per i contrivi puri e diverse legislazioni successivamente a questa, stanno provando ad introdurre una forma simile all’integrazione al trattamento minimo, come la pensione di garanzia, per tutelare i futuri pensionati che si ritroveranno a percepire assegni al di sotto del minimo stabilito dalla legge.

Tornando all’integrazione al trattamento minimo, occorre puntualizzare che non tutte le prestazioni sono soggette a tale incremento.

Le pensioni che possono essere integrate al trattamento minimo sono:

Sono escluse le pensioni di invalidità civile, l’assegno sociale e tutte le prestazioni liquidate con il sistema contributivo puro come opzione donna.

Pensione minima INPS: quanti anni di contributi servono?

Per ottenere la pensione minima INPS non serve essere in possesso di un limite minimo o massimo di contribuzione.

Requisito fondamentale per ricevere al pensione minima è quello di poter essere in possesso di una prestazione pensionistica, che sia questa di vecchiaia, reversibilità o invalidità e che la prestazione rientri nei sistemi di calcolo retributivo o misto.

Tutti coloro i quali non possiedono contribuzione utile per essere in possesso di una delle prestazioni summenzionate, potranno richiedere l’assegno sociale solo se non superano determinati limiti reddituali.

Limiti reddituali

Per ottenere la pensione minima, ovvero l’integrazine al trattamento minimo, il pensionato dovrà rispettare determinati limiti reddituali stabiliti ogni anno dalla legge.

I limiti reddituali per il 2023 sono i seguenti:

  • Pensionato single: per percepire l’intero importo della pensione minima non deve superare un reddito annuo di 7.328,49 €
  • Pensionato single: per percepire l’importo parziale il reddito dovrà essere compreso tra 7.328,49 e 14.656,98 €

I redditi da escludere

I redditi che non vengono presi in considerazione per l’erogazione della pensione minima sono i seguenti:

  • I redditi esenti da IRPEF, come rendite INAIL o pensioni di invalidità civile
  • Redditi della casa di abitazione
  • I redditi della pensione integrata al trattamento minimo
  • I redditi degli arretrati soggetti a tassazione separata

Aumento pensioni minime 2023

Per effetto della legge di bilancio 2023, il Governo ha disposto un aumento sulle pensioni minime pari a 1,55% per i pensionati under 75 che ha raggiunto un importo di 572,74 €, e del 6,4% per i pensionati con un’età superiore a 75 raggiungendo un importo di pensione minima pari a 599,97 euro.

Questo aumento era previsto per il mese di gennaio, a causa di problemi nei calcoli l’INPS ha erogato l’aumento a luglio 2023.

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