Pensione di garanzia: che cos'è e chi potrà richiederla

La pensione di garanzia potrebbe rappresentare per tutti quei lavoratori che hanno iniziato a lavorare a partire dal 1° gennaio 1996, un’ancora di salvezza al momento del pensionamento.
Si, perché oltre alle bassissime retribuzioni che i lavoratori si ritrovano a percepire, l’essere associati al sistema di calcolo della pensione interamente con il sistema contributivo potrebbe avere conseguenze economiche disastrose.
Il sistema contributivo che, a differenza di quello retributivo, basa il calcolo della pensione sul montante dei contributi in possesso dal lavoratore e associa tale montante alla retribuzione media dell’intera carriera lavorativa, è un sistema che risulta molto penalizzante per tutti coloro i quali hanno avuto una carriera lavorativa discontinua e con basse retribuzioni.
Il ruolo della pensione di garanzia sarebbe appunto quello di venire in soccorso a questa tipologia di lavoratori e garantire un importo minimo di pensione che consenta di mantenere un tenore di vita dignitoso all’uscita dal mondo del lavoro.
Che cos’è
Come anticipato nell’introduzione, il nascere della pensione di garanzia proviene dall’esigenza che una grande maggioranza di “lavoratori giovani” affetti dal calcolo della pensione con il sistema contributivo puro, a causa di una forte instabilità nelle carriere lavorative potrebbero ritrovarsi in futuro a ricevere delle pensioni di importo al di sotto del minimo e quindi necessitare di assistenza sociale.
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Negli anni scorsi si è parlato molto di pensione di garanzia, che è stata sottoposta all’attenzione di diversi governi da parte dei sindacati, ma nessuno di questi l’ha mai presa in seria considerazione all’interno della propria Legislazione.
La pensione di garanzia consisterebbe in un importo di pensione minimo pari a 1.000 euro lordi da erogare a partire dai 65 anni di età a tutti quei soggetti che, con la sola contribuzione in possesso, non raggiungerebbero tale importo.
Il requisito minimo, oltre a quello anagrafico, è quello di essere in possesso di 40 anni di anzianità contributiva.
Per anzianità contributiva non si intende 40 anni di contributi versati, ma bensì 40 anni di iscrizione all’interno della cassa previdenziale di riferimento.
La scelta di tenere in considerazione solo l’anzianità contributiva dipende dal fatto che tale prestazione vuole rappresentare un aiuto fondamentale per tutte quelle carriere discontinue che, quindi, non potranno mai possedere un numero tale di contributi pur essendo iscritti all’interno dell’assicurazione.
Tale prestazione sarebbe conveniente anche per le casse dello Stato perché consentirebbe di spostare in avanti la spesa, senza dover andare a riempire i buchi contributivi nel momento stesso in cui questi si verificano.
Qual è il piano della pensione di garanzia?
Partiamo dal presupposto che le pensioni “contributive pure”, ovvero tutti coloro i quali potranno andare in pensione con una prestazione calcolata interamente con il sistema contributivo, partiranno dal 2035 per tutti coloro che hanno iniziato a lavorare a partire dal 1996.
A quel punto i lavoratori avranno quattro possibilità di uscita dal mondo del lavoro:
- Pensione anticipata: potrà essere richiesta a 66 anni con 20 anni di contribuzione e a patto che l’importo della pensione sia superiore a 2,8 quello della pensione minima
- Pensione di vecchiaia: potrà essere percepita a 69 anni (oggi 67) con 20 anni di contributi e l’importo della pensione deve essere almeno 1,5 volte superiore a quello della pensione minima
- Pensione di vecchiaia contributiva: potrà essere richiesta a 73 anni con 5 anni di contributi
- Pensione anticipata contributiva: potrà essere richiesta con 44/45 anni di contributi a prescindere dall’età
Tenendo in considerazione le prestazioni summenzionate, appare ovvio che i soggetti che non superano un certo importo di pensione potranno vedersi negato l’accesso al pensionamento.
Ad aggravare la situazione si aggiunge anche l’impossibilità per questi lavoratori di richiedere l’integrazione al trattamento minimo, prestazione riservata soltanto a quelle pensioni che rientrano nel sistema retributivo o misto.
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Quindi, i contributivi puri non soltanto vengono penalizzati dal sistema di calcolo della pensione, ma anche dalla legislazione che non consente loro di trovare scenari d’uscita ragionevoli e di supporto.
Ecco perché le parti sociali premono per l’introduzione di una pensione di garanzia, l’introduzione di questa prestazione è inevitabile per garantire a questa fascia di lavoratori un’uscita dal mondo del lavoro equilibrata e dignitosa.
La pensione di garanzia come forma di integrazione al trattamento minimo
La pensione di garanzia, a questo punto, assumerebbe le stesse funzioni che l’integrazione al trattamento minimo ha per le pensioni retributive e miste.
La prestazione andrebbe ad “integrare” l’importo mancante richiesto dalla pensione anticipata (2,5 volte il trattamento minimo) e di vecchiaia (1,5 volte il trattamento minimo).
La pensione di garanzia, a carico delle casse statali, scatterebbe solo al conseguimento dei requisiti di legge richiesti dalla pensione anticipata e di vecchiaia e rappresenterebbe solo un supporto a queste prestazioni, e non una prestazione a sostituzione come ad esempio l’assegno sociale.
Per cui è importante che il lettore abbia ben chiara questa distinzione tra “integrazione al trattamento spettante di diritto” e “prestazione sociale erogata a prescindere dalla contribuzione”.
Infatti, l’errore di “Interpretazione” più comune commesso nei riguardi della pensione di garanzia, giustificato anche dalla nomenclatura della prestazione, è che questa pensione venga erogata a prescindere da quelli che sono i requisiti anagrafici e contributivi richiesti dalla legislazione.
La pensione di garanzia non sara un facsimile dell’assegno sociale, ma bensì dell’integrazione al trattamento minimo e il suo compito sarà quello di andare ad integrare l’importo mancante richiesto per raggiungere i requisiti di accesso per la pensione anticipata e di vecchiaia.
Per cui, al fine di fornire al lettore maggiore consapevolezza riguardo la prestazione, faremo un esempio.
Poniamo il caso che Giovanni, lavoratore con 20 anni di contribuzione e 66 anni di età, voglia accedere alla pensione anticipata nel 2035.
Nonostante Giovanni sia in possesso dei requisiti previsti dalla legge, l’importo della sua pensione è inferiore a 2,8 volte il trattamento minimo che, sempre a titolo di esempio, è di 1.300 euro.
Poniamo il caso che l’importo della sua pensione sia di circa 1.100 euro.
A questo punto, grazie alla pensione di garanzia, Giovanni potrà ricevere un integrazione da parte dello stato pari a 200 euro per raggiungere l’importo minimo stabilito dalla legge che gli consentirà di andare in pensione anticipata.
Questo è il meccanismo di funzionamento della pensione di garanzia così come oggi la conosciamo.
Non escludiamo, ovviamente, eventuali cambiamenti da parte del Governo e dei sindacati nel momento in cui la prestazione venga presa in considerazione all’interno di una qualsiasi riforma previdenziale.
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