Skip to content

Buoni pasto e busta paga

28 Febbraio 2024
Condividi su
Tempo di lettura 3 minuti

Non sempre i datori di lavoro possono garantire ai propri collaboratori un servizio di vitto attraverso una mensa interna.

Sulla base di questi presupposti molte aziende che ambiscono a sviluppare un welfare interno hanno deciso di adottare delle soluzioni alternative per supportare i propri dipendenti nel sostenere la spesa del pranzo.

Di fatto, negli anni, il buono pasto si è molto diffuso nelle aziende, diventando uno dei benefit più apprezzati dai collaboratori e di maggior vantaggio per le imprese.

Si evidenzia che il buono pasto è un benefit aziendale che il datore di lavoro può decidere di erogare ai dipendenti come sostitutivo del servizio mensa. Quello dei ticket per il pranzo è diventato in poco tempo uno dei benefit aziendali più diffusi e più apprezzati, con un mercato globale che ancora oggi è in continua crescita. Si stima che entro il 2025 il giro d’affari supererà i 14,6 miliardi di dollari.

Cosa sono i buoni pasto

I buoni pasto sono dei documenti di legittimazione attraverso cui viene erogato un servizio sostitutivo di mensa aziendale; rappresentano una fondamentale componente del generale trattamento economico da riservare al lavoratore.
In quanto erogazione effettuata dal datore di lavoro, i buoni pasto figurano in busta paga; ma in favore degli stessi è previsto un regime fiscale e previdenziale di particolare favore.

Il buono pasto è una agevolazione di carattere assistenziale, collegata al rapporto di lavoro da un nesso meramente occasionale, non rientra perciò nel trattamento retributivo in senso stretto e quindi la sua erogazione può essere variata unilateralmente dal datore di lavoro, sempreché il benefit non sia stato inserito nella contrattazione collettiva o in accordi sindacali, anche aziendali.

I buoni pasto:

  • sono erogabili dal datore di lavoro esclusivamente ai prestatori di lavoro subordinato (a tempo pieno o parziale, anche in modalità agile), anche quando l’orario di lavoro non prevede una pausa pranzo e ai soggetti che hanno instaurato un rapporto di collaborazione anche non subordinato. L’Agenzia delle Entrate ritiene che la somministrazione di vitto da parte del datore di lavoro debba comunque interessare la generalità dei dipendenti o intere categorie omogenee di essi (Circ. Ministero delle Finanze n. 326E/1997, par. 2.2.3);
  • sono utilizzabili solo dal titolare;
  • non sono cedibili, né cumulabili oltre il limite di 8 buoni, né commerciabili o convertibili in denaro;
  • sono utilizzabili esclusivamente per l’intero valore facciale (in nessun caso è possibile ottenere il “resto”).

Beneficiari dei buoni pasto

Si identificano come beneficiari dei buoni pasto tutti i dipendenti a tempo indeterminato o determinato, sia full time sia part time (come i turnisti), ma anche ai collaboratori non titolari di un rapporto di lavoro subordinato come coloro che hanno instaurato un rapporto di collaborazione.

L’assegnazione dei buoni pasto è, inoltre, svincolata dalle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa e dall’articolazione dell’orario di lavoro (cfr. Risp. 123/2021). 
I buoni pasto, quindi, possono essere assegnati anche ai lavoratori per i quali non è prevista la pausa pranzo e possono essere usati anche al di fuori della stessa e, in generale, anche oltre l’orario di lavoro.

 

Buoni pasto in busta paga

I buoni pasto sono ricompresi tra quelli figuranti nel cedolino paga del dipendente, ma non vengono inclusi nella retribuzione imponibile perché sono soggetti a una disciplina fiscale di favore, come previsto dall’art. 51, comma 2, lett. c), TUIR. 

Questo significa che non concorrono alla formazione del reddito dei beneficiari, né sono imponibili ai fini previdenziali, fino alla soglia massima di:

  • 4 euro giornalieri, per i buoni pasto in formato cartaceo;
  • 8 euro giornalieri, per i buoni pasto in formato elettronico o da app.

Allo stesso modo, i buoni pasto sono esenti anche ai fini contributivi, nei limiti e alle condizioni menzionate (cfr. Circolare INPS n. 15/2022).

L’insieme di questi aspetti sottende vantaggi sia per l’azienda che per il dipendente che aumenta la sua disponibilità monetaria.

In merito all’azienda che eroga i buoni pasti si evidenzia che i costi sostenuti per l’acquisto dei buoni pasto da erogare ai propri dipendenti sono interamente deducibili dall’azienda ai fini delle imposte dirette. E questo è valido sia per i titolari di reddito d’impresa (art. 95, comma 1, TUIR), sia per i titolati di reddito di lavoro autonomo (art. 54, comma 1, TUIR). Anche ai fini della deducibilità dal reddito del datore di lavoro, è necessario che i buoni pasto vengano erogati alla generalità o a categorie di dipendenti (cfr. Circ. n. 326/E/1997).

Inoltre, l’IVA addebitata dalla società emettitrice dei buoni pasto, con aliquota agevolata al 4%, è, inoltre, interamente detraibile per le aziende.

Si ravvisa che anche i commercianti hanno molti vantaggi a convenzionarsi con le aziende emittenti dei buoni pasto. I dipendenti delle aziende, infatti, preferiscono consumare i pasti negli esercizi che accettano i buoni e ritornano più spesso dove possono spenderli. I ristoratori affiliati possono così contare su una clientela affezionata e fidelizzata, allargando il loro giro d’affari. 

 

Ricerca

INAIL