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Permessi per allattamento 

8 Maggio 2024
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Tempo di lettura 3 minuti

Conciliare vita privata e professionale non è semplice e questo diventa ancora più complesso per le neo-mamme che si trovano ad affrontare il nuovo ruolo da genitore che devono conciliare con tutti gli aspetti lavorativi.

Sulla base di questo presupposto è stato previsto per il primo anno di vita del bambino, la possibilità per la lavoratrice madre dipendente di fruire dei permessi per l’allattamento, denominati “riposi giornalieri”, ai sensi dell’art. 39 del Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151.

Dal punto di vista economico si ravvisa che l’indennità per i permessi allattamento è uguale all’entità della retribuzione che il lavoratore o la lavoratrice avrebbe ricevuto se fosse stato in servizio durante il periodo di permesso. Questo significa che la madre o il padre, che usufruisce dei permessi allattamento, riceverà una compensazione finanziaria corrispondente allo stipendio normale, garantendo così un sostentamento adeguato durante il periodo di cura del bambino.

In cosa consistono i permessi di allattamento 

I permessi di allacciamento si connotano come un aiuto concreto che è stato previsto a favore delle madri lavoratrici dipendenti a tempo determinato e indeterminato.

Dal punto di vista pratico questo si delinea come la possibilità per le madri lavoratrici di usufruire di due periodi di riposo di un’ora fino al compimento di un anno di vita del proprio figlio (di mezz’ora l’uno se la madre fruisce dell’asilo nido o di altra struttura idonea, istituiti dal datore di lavoro nell’unità produttiva o nelle immediate vicinanze di essa) per l’allattamento.

Nello specifico sono previste ben due ore di permesso che possono essere usufruite consecutivamente (quindi ad esempio uscendo prima da lavoro), oppure in modo spezzato(ad esempio 1 ora al mattino e 1 ora al pomeriggio, 1 ora in entrata e 1 ora in uscita). 

Si ravvisa, inoltre, che nel caso del parto gemellare o plurimo i riposi sono raddoppiati. 

Tale aiuto si ravvisa anche nel caso di adozione. In questa fattispecie di maternità emerge che le tempistiche sono le stesse e raddoppiano in caso di adozione di due bambini, anche se non provenienti dalla stessa famiglia e adottati nello stesso periodo.

La lavoratrice ha diritto ai permessi per l’allattamento fino al primo anno di vita del bambino. 

Quindi, la durata dipende da quando rientra al lavoro dopo la maternità:

  • Se rientrata dalla maternità obbligatoria e non ha chiesto la facoltativa, quindi il bebè ha solo tre mesi, allora ha diritto a nove mesi di allattamento (che nella normativa attuale si chiama congedo parentale);
  • Se rientrata dalla maternità facoltativa, quindi il bebè ha nove mesi, ha diritto a tre mesi di allattamento.

Nel caso di fruizione di asilo nido o di altra struttura idonea, istituiti dal datore di lavoro nell’unità produttiva o nelle immediate vicinanze di essa, i riposi si riducono della metà:

  • un’ora, in caso di orario giornaliero di lavoro pari o superiore a sei ore;
  • mezz’ora, in caso di orario giornaliero di lavoro inferiore a sei ore.

Si ricorda che l’attuazione dei permessi di riposo deve essere concordata con il datore di lavoro tenendo conto delle esigenze del servizio. In caso di mancato accordo, la distribuzione dei riposi sarà determinata dalla Direzione Territoriale Lavoro competente. La lavoratrice dovrà presentare apposita richiesta scritta al proprio datore di lavoro (non c’è obbligo di invio della documentazione all’INPS).

Risulta importante evidenziare che i riposi giornalieri non spettano 

  • alle lavoratrici domestiche, 
  • alle lavoratrici a domicilio, 
  • alle lavoratrici autonome o parasubordinate.

I permessi del padre

Risulta rilevante ricordare che ci sono dei casi in cui i permessi sono a favore del padre.

In questi casi il papà lavoratore può richiedere il riposo per allattamento giornaliero in alternativa alla madre nei casi in cui:   

  • La mamma è deceduta oppure a causa di una grave infermità non può occuparsi del bambino;
  • La madre ha rinunciato alle ore di riposo. L’allattamento infatti è facoltativo: se una madre non vuole usufruirne basta che non faccia domanda. In tal caso, sempre se vuole, potrà farla il padre;
  • La madre è lavoratrice autonoma. In tal caso può chiederli il padre, se ha un contratto di lavoro dipendente;
  • Il bambino/a è dato/a in affidamento al padre.

Di controverso il padre non può, invece, chiedere il congedo se la madre lavoratrice dipendente si trova in astensione obbligatoria o facoltativa oppure non si avvale dei riposi perché assente dal lavoro per sospensione da aspettativa, permessi non retribuiti o pause lavorative per part-time verticale .

In caso di parto plurimo i riposi sono raddoppiati e le ore aggiuntive possono essere riconosciute al padre anche durante i periodi di congedo di maternità, o nel teorico periodo di trattamento economico spettante alla madre dopo il parto, e di congedo parentale della madre.

Presentazione delle domande di permesso 

La richiesta per i permessi di riposo giornaliero deve essere presentata prima dell’inizio del periodo per il quale si richiede il congedo. Le modalità di presentazione variano a seconda che si tratti di una neomamma o di un neopapà.

Nel caso di lavoratrici, è sufficiente presentare la richiesta al proprio datore di lavoro. Tuttavia, vi sono alcune eccezioni per alcune categorie di lavoratrici aventi diritto al pagamento diretto da parte dell’INPS, come ad esempio le lavoratrici agricole e dello spettacolo con contratti a termine o saltuari. In questi casi, la richiesta deve essere presentata anche presso la sede dell’INPS di competenza.

I neo papà devono presentare la richiesta sia al loro datore di lavoro che all’INPS in modalità esclusivamente telematica, attraverso uno dei seguenti canali:

  • Servizio online dedicato;
  • Contact Center INPS;
  •  

Il termine per la definizione del provvedimento si aggira intorno a 55 giorni, come stabilito dal Regolamento per la definizione dei termini di conclusione dei procedimenti amministrativi adottato dall’INPS.

 

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