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Case green

26 Febbraio 2024
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Tempo di lettura 3 minuti

La direttiva europea Case Green (nota anche come Energy Performance of Buildings Directive, EPBD) è pronta per entrare in vigore. 

Ne hai mai sentito parlare? Sai che cosa comporta?

All’interno di questo articolo andremo a comprendere in che cosa consiste la Direttiva europea case green e quali sono le sue principali implicazioni.

La direttiva europea Case Green

La direttiva europea Case Green rappresenta una svolta significativa per le politiche energetiche comunitarie e statali. L’obiettivo della direttiva è stimolare la riqualificazione energetica di edifici privati e pubblici in tutta Europa, al fine di ridurre i consumi energetici e le emissioni di CO2 del parco immobiliare dei 27 Stati membri.

L normativa si inserisce nel progetto Fit for 55 con cui l’Unione europea si è posta l’ambizioso obiettivo di ridurre del 55% entro il 2030 le emissioni nocive rispetto ai livelli del 1990. Questa scelta (e volontà) deriva dalla consapevolezza che in media, gli edifici rappresentano il 40% del consumo energetico e il 36% dell’emissione di gas nocivi.

Nello specifico, si nota che la finalità del testo è quella di ridurre il consumo di energia nel settore edilizio entro il 2030 oltre che quello di raggiungere la condizione di neutralità climatica entro il 2050.

Si ricorda che la direttiva case green, nei diversi negoziati tra il Consiglio dell’Unione Europea, il Parlamento Europeo e la Commissione Europea, è stata oggetto di una serie di modifiche che contemplano obiettivi intermedi meno stringenti, termini più estesi e un quadro normativo meno restrittivo rispetto alla versione precedentemente approvata dal Parlamento Europeo a marzo.

Il compromesso sui target della direttiva cade green prevede anche la possibilità per i Paesi membri di richiedere deroghe sugli edifici alla Commissione europea.

Secondo la normativa:

  • Dal 2028, gli edifici pubblici di nuova costruzioni dovranno essere tutte a emissioni zero. Entro la stessa data, tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno avere impianti fotovoltaici.
  • Dal 2030 anche le nuove costruzioni residenziali private dovranno essere ad emissioni zero. 
  • Entro il 2030, dovrà essere prevista la ristrutturazione di almeno il 15% degli edifici non residenziali con le prestazioni energetiche più basse. Successivamente, entro il 2033, si mira a ristrutturare il 26% degli edifici con le prestazioni più scadenti, attraverso l’implementazione di requisiti minimi di prestazione energetica. Questo significa che in totale, il 55% della riduzione dei consumi energetici deve essere ottenuto tramite la ristrutturazione degli edifici con le prestazioni inferiori.
  • Dal 2032 gli immobili ristrutturati avranno l’obbligo di installare impianti fotovoltaici. Dal 2040 scatta lo stop alle caldaie a gas ma già dal 2025 devono terminare gli incentivi (restano possibili quelli per i sistemi ibridi).

La situazione in Italia

In Italia, secondo i dati Istat, vi sono circa 12 milioni di edifici residenziali. Pertanto, sarà prioritario intervenire sui circa 5 milioni di edifici con le prestazioni più scadenti, ognuno dei quali composto da una o più unità immobiliari.

Inoltre, il database dell’Enea contiene oltre 5 milioni di Attestati di Prestazione Energetica (APE) relativi a altrettante unità immobiliari. Il 51,8% di queste ricade nelle due classi energetiche peggiori, ovvero F e G. È probabile che i lavori di riqualificazione imposti dalla EPBD debbano partire da qui, ma il rischio di un livellamento verso il basso potrebbe essere così diffuso da rendere difficile l’individuazione dei fabbricati meno performanti. Se consideriamo solo le certificazioni rilasciate nel 2022 in occasione del trasferimento di un immobile, vediamo che addirittura il 63,6% delle case si colloca nelle classi F e G. Questa percentuale scende appena al 58,1% in occasione delle nuove locazioni.

In tale frangente diventa assolutamente cruciale comprendere come l’Italia adotterà le nuove regole e quali risorse saranno disponibili insieme ai meccanismi di agevolazione.

Invece, quanto riguarda gli interventi consigliati all’interno degli APE, la coibentazione di tetti e pareti è di gran lunga la più diffusa (65,1%), seguita dalla sostituzione delle finestre (14,5%) e dagli interventi sugli impianti di riscaldamento (11,8%).

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