Come si richiede l’Integrazione al minimo pensione e importo
Molte volte l’ammontare della pensione risulta essere particolarmente basso.
A dimostrare questo crescente problema è il monitoraggio sulle pensioni degli anni 2020-2021, effettuato dall’INPS a gennaio 2022, che ha rilevato un generale calo degli importi medi degli assegni.
Nello specifico i dati INPS rilevano come nel 2021 c’è stata una contrazione del 2,7 per cento del loro importo medio mensile: si è passati dai 1.237 euro erogati in media ogni mese nel 2020 ai 1.203 euro del 2021.
Questa contrazione ha riguardato, in particolare, gli uomini con una perdita del 3,4 per cento rispetto alle donne (1,4 per cento), anche se le pensioni al femminile hanno tradizionalmente importi più bassi.
Appare, inoltre, che l’80 per cento circa delle pensioni Opzione donna pagate nel 2021 non ha superato i 1.000 euro al mese e che gli assegni sociali hanno avuto un importo medio di 420 euro al mese.
Dati questi presupposti diventa rilevante andare a comprendere se esistono e quali sono delle possibilità per provvedere all’aumento dell’importo spettante.
A tal fine esistono delle azioni come ad esempio ricalcolo, integrazioni al minimo e maggiorazioni sociali che servono ad aiutare a porre rimedio al problema delle pensioni troppo basse.
Pensione bassa quali sono le cause e i rimedi
Andando a guardare le variazioni mensili delle pensioni è possibile affermare che queste possono riguardare gli importi lordi o netti delle stesse.
Nello specifico l’importo netto può aumentare o ridursi sulla base delle variazioni delle trattenute fiscali e della cumulabilità della pensione con altri redditi del pensionato mentre l’importo lordo può variare a causa di un ricalcolo.
Qualora la contrazione dell’importo netto della pensione sia imputabile al cumulo con altri redditi, il pensionato ha la possibilità di evitare la sospensione e il recupero retroattivo di somme non spettanti, trasmettendo online il modello RED semplificato entro il 21 marzo per il 2022.
Nel caso in cui, invece, la riduzione della pensione sia legato ad errori nella contribuzione, l’interessato può inoltre chiedere il ricalcolo.
Se, invece, ci si trova in una situazione in cui manchino contributi obbligatori, figurativi o da riscatto riconosciuti in data anteriore alla maturazione del diritto a pensione, emerge la possibilità di procedere al ricalcolo o la ricostituzione del trattamento pensionistico.
A tal fine si rileva che i ratei a credito o a debito si prescrivono in 5 o 10 anni. Nello specifico:
- nel caso di variazioni a credito ottenute tramite il ricalcolo, il rateo maturato dopo il 6 luglio 2011 si prescrive in 5 anni;
- il rateo a credito maturato prima del 6 luglio 2011 si prescrive invece, tranne alcune eccezioni, in 10 anni.
Si evidenzia che nel caso in cui il ricalcolo dia luogo a variazioni a debito del pensionato, la prescrizione è quella ordinaria di 10 anni.
Integrazione al minimo della pensione per aumentare l’importo
Si chiarisce che tutte le tipologie di pensione, vecchiaia, anticipata, anzianità e reversibilità, incluse le pensioni “Opzione donna”, se si caratterizzano per un importo inferiore al minimo previsto dalla legge, possono essere incrementate tramite l’integrazione al minimo.
Questa possibilità è stata introdotta per mezza della legge 638/1983 e si chiama integrazione al minimo.
Nello specifico si chiarisce che l’integrazione al minimo è una somma limite che viene assicurata a specifiche condizioni a tutti i pensionati con l’obiettivo di far loro la possibilità di condurre una vita libera e dignitosa. Rimangono però escluse da questa logica operativa e di trattamento le pensioni calcolate con il sistema interamente contributivo.
A tal fine è importante sottolineare che la prestazione risulta essere a favore di coloro che si trovano in una situazione in cui già percepiscono una pensione ma di importo inferiore al minimo stabilito dalle norme, pari nel 2022 a 524,35 euro al mese. Date queste condizioni si va ad ottenere un aumento, fino al valore annuo di 6.816,55 euro, di tutte le pensioni più basse di qualunque tipologia, inclusa Opzione donna.
Quindi, non risultano più essere integrabili al minimo:
- le pensioni calcolate con il metodo puramente contributivo, dunque quelle di coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996;
- di chi ha optato per il sistema contributivo ai sensi dell’articolo 1, comma 23 della legge n.335/1995.
È chiaro che spetta l’integrazione in misura piena soltanto se si rispettano alcuni limiti di reddito personale o coniugale (tabella D della circolare 33 del 29 febbraio 2022).
A chiarire questa situazione è la Circolare INPS N.33 (tabella D) che prevede come le pensioni aventi una decorrenza successiva all’anno 1993, sono soggette alle integrazioni che decorrono dalla data e nelle percentuali riportate.
Si ricorda che anche il trattamento minimo dal 1° gennaio 2022 viene erogato tendendo conto del coefficiente di perequazione automatica pari all’1,70 per cento stabilito dal DM 17 novembre 2021, salvo conguaglio nell’anno successivo.
Inoltre, i limiti di reddito per l’integrazione al minimo e per le pensioni sociali ovvero per la concessione delle maggiorazioni della somma e dell’importo aggiuntivo saranno adeguati in occasione del rinnovo delle pensioni per il 2023 con il conguaglio tra perequazione provvisoria e definitiva.
Maggiorazione sociale
Altro aspetto da prendere in considerazione è la maggiorazione sociale che si connota come un importo che viene riconosciuto ai pensionati che sono già titolari di un trattamento previdenziale di basso importo, derivante da contribuzione a carico dell’AGO, delle forme esclusive e sostitutive della stessa o ai titolari di trattamenti assistenziali di pensione e assegno sociale che abbiano compiuto i 60 anni.
Si ricorda che questa è riconosciuta anche alle provvidenze economiche percepite da invalidi civili, ciechi e sordomuti, in presenza di alcuni requisiti reddituali e anagrafici.
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