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Maternità obbligatoria: ecco come funziona il congedo

Maternità obbligatoria guida
20 Marzo 2023
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Tempo di lettura 7 minuti

Che cos’è?

Il congedo di maternità obbligatoria INPS è una prestazione a sostegno del reddito destinata alle madri (in alcuni casi anche ai padri) che va a coprire un periodo di assenza dal lavoro prima e dopo la nascita, l’affidamento o l’adozione di un figlio. L’indennità di maternità consente alle neo mamme di usufruire di una retribuzione pari all’80% dello stipendio che viene pagata direttamente dall’INPS. Il periodo di astensione obbligatoria riguarda i due mesi prima del parto e i tre mesi successivi, mentre per la maternità flessibile si potrà scegliere di usufruire di un mese prima del parto e nei 4 successivi o, in alternativa, nei 5 mesi successivi al parto.

La lavoratrice madre (in alcuni casi che andremo a spiegare successivamente anche il lavoratore padre) possiede due forme di tutela:

  • Quella economica
  • Quella normativa

In entrambi i casi i congedi e i riposi concessi valgono per:

  • Figli naturali;
  • Figli adottivi;
  • Minori in affidamento.

Allo stesso modo quando parliamo di congedo di maternità obbligatoria come forma di tutela nei confronti della lavoratrice madre, intendiamo:

  • Lavoratrici dipendenti del settore privato;
  • Soci lavoratori di cooperativa;
  • Coloro i quali hanno un contratto di apprendistato;
  • Le lavoratrici dipendenti del settore pubblico;
  • Coloro i quali hanno un contratto a tempo parziale.

Ma andiamo a vedere insieme la normativa che regolamenta in congedo di maternità obbligatoria.

Normativa congedo di maternità

La normativa italiana, mediante l’articolo 37 della nostra costituzione, prevede una tutela nei confronti delle neo madri e dei nascituri fornendo adeguata protezione e ponendo un divieto ai datori di lavoro di adibire le donne al lavoro durante i periodi di gestazione e immediatamente successivi alla nascita o all’entrata del minore all’interno del nucleo familiare. Lo Stato italiano ha regolamentato la disciplina nei confronti della maternità obbligatoria attraverso il D. Lgs 151/2001 denominato Testo Unico della Maternità, il quale è destinato a facilitare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei genitori lavoratori che siano questi naturali, adottivi o affidatari. Un ulteriore accenno normativo che riguarda la tutela della maternità obbligatoria proviene dal codice civile all’articolo 2110 il quale conferma che “in caso di infortunio, malattia, gravidanza o puerperio, se la legge non stabilisce forme equivalenti di previdenza o assistenza, è dovuta al prestatore di lavoro la retribuzione o un’indennità nella misura e per il tempo determinati dalle leggi speciali, dalle norme corporative, dagli usi o secondo equità.”

Sulla base di quanto summenzionato appare ovvio che in nessun caso l’astensione obbligatoria può essere oggetto di rinuncia da parte della lavoratrice e di diniego da parte del datore di lavoro neanche di fronte a certificazione medica che ne comprova un’ottima condizione di salute.

Come accennato in precedenza, possono sorgere scenari all’interno dei quali la neo madre è impossibilitata a fruire del congedo di maternità obbligatoria e, in tal caso, questo spetterà di diritto al padre. Andiamo a vedere in quali circostanze il lavoratore padre può usufruire del congedo di paternità alternativo.

Congedo di paternità alternativo

Vi sono solo tre scenari all’interno dei quali il padre può usufruire del congedo di paternità alternativo, e questi sono:

  • Morte o grave infermità della madre;
  • Abbandono del figlio o mancato riconoscimento del neonato da parte della madre;
  • Affidamento esclusivo del figlio al padre.

Al determinarsi di queste tre condizioni il congedo può essere richiesto ed usufruito dal padre fermo restando che quest’ultimo, anche in caso di fruizione del congedo di maternità da parte della madre, ha comunque diritto ad un congedo obbligatorio di 10 giorni.

A chi spetta?

Possono richiedere il congedo di maternità:

  • lavoratrici dipendenti assicurate presso l’INPS, comprese le lavoratrici ex Ipsema;
  • apprendiste, operaie, impiegate, dirigenti aventi un rapporto di lavoro in corso alla data di inizio del congedo;
  • le lavoratrici agricole a tempo indeterminato e determinato;
  • le lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari;
  • le lavoratrici a domicilio;
  • alle lavoratrici LSU O APU.
  • Le disoccupate e sospese se ricorre una delle seguenti condizioni:
    • il congedo di maternità sia iniziato entro 60 giorni dall’ultimo giorno di lavoro;
    • il congedo di maternità sia iniziato oltre i predetti 60 giorni, ma sussiste il diritto all’indennità di disoccupazione, alla mobilità oppure alla cassa integrazione;

Il congedo di maternità è inoltre riconosciuto:

  • Alle lavoratrici nella gestione separata (con diversi requisiti di accesso);
  • Alle lavoratrici autonome, in questo caso non si parla di maternità obbligatoria ma bensì di un’indennità economica durante i periodi di tutela della maternità e l’indennità non comporta l’obbligo di astensione lavorativa;
  • Ulteriori categorie di lavoratrici che non rientrano nelle categorie fin’ora menzionate avranno diritto a richiedere l’assegno di maternità dei comuni o l’assegno di maternità da parte dello Stato a condizione che il loro valore ISEE non superi determinate soglie.

Quali sono i requisiti?

I requisiti per accedere all’indennità di maternità variano a seconda della categoria lavorativa all’interno della quale viene inquadrata la lavoratrice.

I requisiti per accedere alla maternità obbligatoria per le diverse categorie di lavoratrici sono i seguenti:

  • Lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari (colf e badanti): 26 contributi settimanali versati nell’anno precedente l’inizio del congedo di maternità, in alternativa 52 contributi settimanali nei due anni precedenti il congedo;
  •  Lavoratrici dipendenti: per questa categoria di lavoratrici è richiesta la sussistenza del rapporto di lavoro;
  • Lavoratrici disoccupate o sospese: in questo caso il congedo di maternità deve iniziare entro 60 giorni dall’ultimo giorno di lavoro. Nel caso in cui la lavoratrice avesse diritto alla disoccupazione o alla cassa integrazione, il congedo di maternità puà iniziare anche successivamente ai 60 giorni, il congedo non può iniziare successivamente ai 180 giorni per le disoccupate che negli ultimi due anni hanno svolto lavori che non prevedono il contributo per la disoccupazione;
  • Lavoratrici agricole a tempo determinato: questa categoria di lavoratici, per poter richiedere il congedo di maternità, all’atto della richiesta deve essere in possesso dello srtatus di bracciante agricola quindi essere iscritta all’interno degli elenchi nominativi annuali per almeno 51 giornate;
  • Lavoratrici ex IPSEMA: in questo caso l’indennità di maternità viene stabilita per competenza territoriale e la gestione è quella prevista per la generalità dei lavoratori e determinata in base alla residenza del lavoratore.

Quanto dura?

In linea generale possiamo dire che il congedo di maternità obbligatoria ha una durata fissa di 5 mesi, la viariabile è il collocamento temporale all’interno del quale la lavoratrice decide di fruie del congedo.

Infatti, le neo mamme, possono decidere di fruire di questi 5 mesi nel seguente modo:

  • Astensione anticipata: nel caso in cui la gravidanza venga considerata a rischio, previo presentazione di un certificato redatto da un medico ASL o in alternativa da parte dell’ispettorato del lavoro, la lavoratrice potrà iniziare il periodo di congedo prima del periodo di maternità obbligatoria. Ciò avviene in quelle circostanze dove la mansione lavorativa non è compatibile con la gravidanza venendo quest’ultima posta a rischio dalle attività lavorative che la neo mamma andrebbe a svolgere;
  • 2 mesi prima e 3 mesi dopo il parto: in questo caso la neo mamma potrà richiedere il congedo di maternità nei due mesi che precedono la data del parto e nei tre mesi successivi all’entrata del nascituro all’interno del nucleo;
  • 5 mesi successivi al parto: la legge di bilancio del 2019 ha introdotto la possibilità per le neo mamme di richiedere l’intero periodo di congedo di maternità successivamente al parto. La lavoratrice, quindi, potrà continuare a lavorare (solo nel caso in cui la gravidanza non venga posta a rischio), e usufruire dei 5 mesi di congedo direttamente dopo la nascita del figlio. Si ricorda che per fruire dei 5 mesi successivi al parto deve essere presentato un certificato medico redatto dall’ASL o da un ginecolo convenzionato con il servizio sanitario nazionale che attesta la non periocolosità dell’attività lavorativa in relazione alla gravidanza;
  • 1 mese prima del parto e 4 mesi successivi al parto: in questo caso siamo di fronte al congedo di maternità flessibile, o flessibilità di prolungamento del lavoro previsto dall’art. 20 del D.Lgs. 151/2001 dove la lavoratrice potrà fruire dei periodi di congedo un mese prima del parto e nei 4 mesi successivi. Anche in questo caso è necessaria la presentazione di un certificato medico che attesta la non periocolosità dell’attività lavorativa in relazione alla gravidanza redatto da un medico convenzionato con il servizio sanitario nazionale;
  •  2 mesi prima del parto e 3 mesi successivi al parto: in questo caso siamo di fronte al congedo di maternità ordinario, o tradizionale, che consente di fruire del congedo nei due mesi precedenti l’evento e nei 3 mesi successivi;

Prolungamento della maternità obbligatoria

Nel caso in cui la lavoratrice rientri in una di quelle attività che vengono configurate come “a rischio” la neo mamma può richiedere un prolungamento dell’indennità di maternità di ulteriori 4 mesi.

Eccezioni nella durata del congedo di maternità

In alcuni casi eccezzionali vi è la possibilità per le neo mamme di modulare diversamente la durata del congedo di maternità. La legge ha inquadrato e previsto i seguenti determinati scenari:

  • in caso di adozione o affidamento: la sospensione del congedo è prevista solo per le lavoratrici dipendenti, sempre che sia stata ripresa l’attività lavorativa;
  • in caso di ricovero del neonato presso una struttura: in questo caso la madre può sospendere anche parzialmente il congedo successivo al parto e riprendere l’attività lavorativa usufruendo del periodo di congedo restante successivamente alle dimissioni del bambino da parte della struttura. Questo diritto è regolamentato dal Decreto Legislativo 26 Marzo 2001, n. 151 e può essere usufruito una sola volta e solo nel caso in cui le condizioni di salute della lavoratrice siano compatibili con l’attività lavorativa;
  • in caso di adozione o affidamento preadottivo nazionale: il congedo spetta nei 5 mesi successivi all’ingresso del minore all’interno del nucleo familiare;
  • in caso di adozione o affidamento preadottivo internazionale: il congedo spetta nei 5 mesi successivi all’ingresso in Italia del minore e può anche essere usufruito in maniera parziale nei mesi che precedono il suo ingresso;
  • in caso di affidamento non preadottivo: il congedo spetta per tre mesi da usufruire entro i 5 mesi dall’ingresso del minore in famiglia;
  • interruzione della gravidanza successiva ai 180 giorni di gestazione: in questo caso la lavoratrice può decidere di astenersi dall’attività lavorativa per l’intero periodo della maternità obbligatoria.

Maternità obbligatoria durante apprendistato

La legge prevede parità di diritti per tutti quei soggetti che hanno un contratto di lavoro in apprendistato, quindi anche questa categoria di lavoratrici ha diritto al congedo di maternità obbligatoria.

E’ opportuno precisare che, i periodi di congedo per maternità, non verranno computati ai fini del periodo di formazione dell’apprendista, posticipando cosi il termine finale del contratto.

Maternità contratto part-time?

Anche le future mamme con un rapporto di lavoro dipendente part-time, potranno richiedere il congedo di maternità.

L’unica differenza la si noterà nell’importo del congedo che sarà proporzionale alla retribuzione percepita.

Cosa succede in caso di interruzione della gravidanza?

Può accadere, purtroppo, che vi siano alcune complicanze durante il periodo di gravidanza e nei casi più estremi questa venga interrotta.

Nei casi in cui l’interruzione avviene entro 180 giorni dall’inizio della gestazione, l’evento sarà identificato come malattia.

Nel caso in cui si verificasse a decorrere dal 180° giorno dall’inizio della gestazione verrà considerato a tutti gli effetti parto, e quindi verrà riconosciuto il congedo di maternità.

Quanto spetta di maternità?

Durante i periodi di congedo di maternità si avrà diritto a fruire ad un’indennità pari all’80% della retribuzione media globale giornaliera.

Questa viene calcolata sulla base dell’ultimo periodo di paga precedente lo stato di gravidanza

Domanda di congedo di maternità

La domanda di congedo di maternità può essere inoltrata in due modi:

  • domanda congedo maternità online: se in possesso di pin cittadino o spid, si potrà accedere autonomamente al portale telematico dell’inps e inoltrare la richiesta;
  • nel caso in cui voleste ricevere un supporto esterno all’inoltro potrete recarvi presso un centro caf/patronato il quale inoltrerà gratuitamente la vostra domanda e provvederà a comunicarvi lo stato di avanzamento della stessa.

Documenti necessari

Per quanto riguarda i documenti necessari per l’inoltro della domanda di congedo maternità sono i seguenti:

  • per prima cosa occorrerà consegnare il certificato di data presunta del parto (rilasciato da un medico convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale) al proprio datore di lavoro;
  • nel caso in cui la lavoratrice volesse avvalersi dell’astensione anticipata, dovrà consegnare apposita certificazione;
  • a nascita avvenuta, occorrerà presentare il certificato di nascita sia al datore di lavoro che all’inps;
  • documenti di riconoscimento;
  • sr163 (modello da far timbrare in banca o alle poste,

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