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Il massimale contributivo

10 Maggio 2023
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Tempo di lettura 6 minuti

Il massimale contributivo è una norma che stabilisce un limite massimo di valore annuale al di sopra del quale la retribuzione non deve essere assoggettata a prelievo di contributi previdenziali

Tale limite di valore, annualmente rivalutato sulla base dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati calcolato dall’ISTAT, è in vigore per i periodi contributivi e le quote di pensione successivi alla data di prima assunzione o alla data di esercizio dell’opzione.

In caso di retribuzione che supera il massimale contributivo annuo, il datore di lavoro deve acquisire una dichiarazione da parte del lavoratore per stabilire se possiede periodi utili o utilizzabili ai fini dell’anzianità contributiva.

Se sì, l’intera retribuzione è soggetta a contribuzione pensionistica senza l’applicazione del massimale.

In caso contrario, il massimale deve essere applicato.

Si ricorda che la contribuzione versata prima del 1° gennaio 1996 in qualsiasi gestione pensionistica obbligatoria comporta la non applicazione del massimale contributivo, indipendentemente dalla gestione di iscrizione.

Inoltre, nel messaggio 5062 del 31 dicembre 2020, l’INPS ha informato che ha predisposto i controlli sulle contribuzioni eccedenti i massimali comunicati dai datori di lavoro a partire dal 2015.

Prima dell’introduzione del sistema di calcolo contributivo, non esisteva un limite massimo della retribuzione soggetta a contribuzione nell’ordinamento previdenziale pubblico.

Esisteva solo per i dirigenti di aziende industriali iscritti all’Inpdai ai sensi dell’articolo 1 della legge 44/1973, abolito nel 2003.

Tale massimale continua ad applicarsi solo nel calcolo della retribuzione media settimanale riferita alle anzianità contributive precedenti il 2003.

Che cos’è?

Il massimale contributivo è un concetto importante del sistema previdenziale italiano, introdotto dalla legge 335 del 1995.

Tale normativa ha stabilito un limite massimo annuale della base contributiva e pensionabile, che nel 2023 è pari a euro 113.520,00.

Il massimale si applica ai lavoratori che hanno iniziato il rapporto assicurativo dopo il 1° gennaio 1996 e a coloro che si sono iscritti ad un Fondo Pensioni obbligatorio prima di tale data, ma che hanno esercitato l’opzione per il sistema contributivo.

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Tuttavia, se il lavoratore iscritto ad una forma di previdenza obbligatoria dopo il 1995 procede al riscatto o all’accredito figurativo di periodi di contribuzione antecedenti a quella data, non è più assoggettato all’applicazione del massimale.

Il calcolo del massimale contributivo va operato su base annua e prescinde dal numero dei rapporti di lavoro svolti durante l’anno, inoltre l’importo massimo va riferito a tutta la contribuzione, anche se versata in differenti fondi di previdenza obbligatoria.

La riforma degli anni ’90 ha voluto mettere uno sbarramento per evitare il versamento di contribuzione oltre una certa soglia e impedire agli enti di previdenza obbligatoria di dovere poi pagare pensioni elevate.

Tuttavia, si sono verificati problemi legati al recupero delle somme versate in eccedenza, all’errato rispetto del massimale contributivo e all’esercizio dell’opzione per il sistema contributivo nel corso del rapporto di lavoro.

L’Inps ha fornito istruzioni al riguardo con diverse circolari, l’ultima delle quali è il messaggio del 31 dicembre 2020 n. 5062.

Periodi anteriori al 1996

I lavoratori che possono vantare periodi anteriori al 1° gennaio 1996 possono acquisire anzianità contributiva mediante domanda di riscatto o accredito figurativo.

Questi periodi determinano la collocazione temporale degli eventi cui si riferiscono.

Tuttavia, dopo l’applicazione del massimale contributivo ai loro confronti, i lavoratori potrebbero acquisire queste anzianità solo azionando la relativa domanda nel corso del tempo.

Fortunatamente, se i lavoratori assunti dopo il 31 dicembre 1995 acquisiscono anzianità pregressa mediante domanda, non saranno più soggetti all’applicazione del massimale annuo della base contributiva e pensionabile.

Questo si applica a partire dal mese successivo a quello di presentazione della domanda di riscatto o accredito figurativo alla sede Inps territorialmente competente.

Ciò significa che la contribuzione pensionistica dei lavoratori in questione deve essere calcolata sull’intera retribuzione di riferimento senza l’applicazione del massimale contributivo.

Tuttavia, l’applicazione del massimale scatta dal pagamento della prima rata dell’onere di riscatto.

Se il lavoratore non adempie il predetto onere, tornerà a essere considerato nuovo iscritto e, quindi, soggetto all’applicazione del massimale contributivo.

Per evitare questo rischio, è importante che il lavoratore comunichi tempestivamente al proprio datore di lavoro l’avvenuta presentazione della domanda di riscatto o accredito figurativo, fornendo copia della ricevuta attestante la presentazione della relativa domanda.

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Riscatto Laurea

I lavoratori italiani che hanno studiato prima del 1996, potrebbero avere la possibilità di riscattare i periodi di studio senza dover pagare oneri elevati legati al sistema di calcolo della riserva matematica.

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L’opzione contributiva, prevista dalla circolare dell’Inps 6/2020, permette di accettare l’onere di riscatto determinato con un diverso criterio di calcolo, a percentuale o forfettario (light), rendendo irrevocabile l’opzione stessa.

Il pagamento della prima rata comporta l’accettazione dell’onere di riscatto e dal quel momento si applica il massimale contributivo.

Tuttavia, l’Inps conferma che non esiste un metodo certo per rilevare somme eccedenti il massimale contributivo indebito.

Pertanto, è importante che i datori di lavoro acquisiscano le dichiarazioni dei lavoratori al fine di individuare il corretto regime previdenziale applicabile e evitare il ricorrere di versamenti eccedenti il predetto massimale.

Compensi eccedenti il massimale

Il sistema previdenziale può risultare complicato, in particolare per quanto riguarda gli accrediti ante 1996.

Questa difficoltà può portare ad errori di versamento contributivo, con conseguente pagamento di contributi Ivs eccedenti il massimale contributivo.

Ma cosa succede quando viene versata una contribuzione indebita sulla gestione del rapporto e sulla futura pensione?

L’eventuale contribuzione versata in eccesso è soggetta a restituzione, su richiesta del datore di lavoro, entro 10 anni dalla data del versamento.

Tuttavia, le somme che non potranno formare oggetto di rimborso a causa del decorso del termine prescrizionale rimarranno acquisite all’Inps.

Questa normativa non si applica ai contributi versati in più perché eccedenti il massimale.

In questo caso, ogni misura retributiva eccedente il massimale annuo non assume alcuna rilevanza né sul piano contributivo né su quello pensionabile.

Ecco perché è importante capire bene il funzionamento del sistema previdenziale per evitare di incorrere in errori costosi a lungo termine.

Minimali e massimali contributivi 2023

Il Ministero del Lavoro ha stabilito che il minimo giornaliero di retribuzione imponibile sarà di 53,95 euro.

Questo significa che il reddito del lavoratore da assoggettare a contribuzione non può essere inferiore a tale limite, che rappresenta il 9,5% dell’importo del trattamento minimo mensile di pensione a carico del Fondo pensioni lavoratori dipendenti in vigore al 1° gennaio di ciascun anno.

Dal 1° gennaio 2023, l’importo minimo mensile di pensione è pari a € 567,94.

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Inoltre, è importante sottolineare che la retribuzione utilizzata come base di calcolo per i contributi di previdenza e assistenza sociale non può essere inferiore all’importo stabilito dalla contrattazione collettiva.

Questo significa che i datori di lavoro che non aderiscono alle regole previste dalla contrattazione collettiva sono comunque obbligati a rispettare i trattamenti retributivi da questa stabiliti.

Per i lavoratori a tempo parziale, esiste un minimale contributivo orario di retribuzione che viene calcolato in modo differente.

Per determinare la retribuzione minima oraria per i lavoratori a tempo parziale, bisogna rapportare il minimale giornaliero alle giornate di lavoro settimanale ad orario normale e dividere l’importo per il numero di ore di lavoro normale settimanalmente previste per il tempo pieno.

Ad esempio:

  • Se l’orario normale è di 40 ore settimanali, il calcolo per determinare la retribuzione minima oraria è €53,95 x 6/40 = €8,09.
  • Se invece l’orario normale è di 36 ore settimanali articolate su 5 giorni, il procedimento per il calcolo è €53,95 x 5/36 = €7,49.

In ogni caso, la retribuzione da utilizzare come base di calcolo per i contributi di previdenza e assistenza sociale non può essere inferiore all’importo delle retribuzioni stabiliti da leggi, regolamenti, contratti collettivi stipulati da organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative su base nazionale o da accordi collettivi o contratti individuali, quando la retribuzione è superiore a quella prevista dal contratto collettivo.

L’aliquota aggiuntiva a carico del lavoratore sulle quote di retribuzione che eccedono il limite della prima fascia di retribuzione pensionabile, che è pari all’1% e si applica a favore di tutti i regimi pensionistici pubblici e privati che prevedono aliquote contributive a carico del lavoratore inferiori al 10%.

Ma qual è la prima fascia di retribuzione pensionabile per il 2023?

La prima fascia di retribuzione pensionabile, ovvero il limite entro cui si applica l’aliquota contributiva base, è di 52.190 euro.

Pertanto, a partire dal 1° gennaio 2023, l’aliquota aggiuntiva dell’1% sarà applicata sulla quota di retribuzione che supera tale limite e che, rapportata a 12 mesi e arrotondata, equivale a 4.349 euro.

Inoltre, per quanto riguarda il massimale annuo della base contributiva e pensionabile, nel 2023 questo ammonta a 113.520 euro per i lavoratori iscritti dopo il 31 dicembre 1995 a forme pensionistiche obbligatorie e per coloro che optano per il sistema contributivo.

Inoltre, è importante sottolineare che l’aliquota aggiuntiva del 2% prevista per le quote di reddito eccedenti il limite della seconda fascia di retribuzione pensionabile è stata abolita, quindi non sarà più applicata a partire dal 2023.

In sintesi, è necessario tenere sempre presente gli importi minimi e massimi di retribuzione pensionabile e i relativi contributi, al fine di pianificare al meglio il proprio percorso lavorativo e previdenziale.

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